Sentiva le voci tra il primo e il secondo piano riempire con il loro tono lo spazio vuoto. Le sentiva quasi tutti i giorni, aveva deciso di non limitarsi ma di aggiungere qualcosa di suo. Gli sembravano venire dalla musica e quando poteva le ascoltava in tutti quei dischi del primo piano.
Erano così tanti che non era neppure mai riuscito a metterli in fila. Avrebbe forse potuto compilare una lista ma poi decideva che era meglio lasciarli in disordine perché l’ascolto potesse essere ogni volta come la prima e lo stupore continuare.
Era possibile che un tempo fosse una persona diversa a mischiare quelle voci nella confusione. Non avrebbe mai raccontato la sorpresa che riempiva gli spazi. Le voci, si diceva, sapevano che questo succedeva solo a lui. Non era abitudine scambiarsi punti di vista sulle conseguenze.