Appoggiato alla spalliera del letto guardava dallo spicchio della finestra che la posizione gli permetteva. Avrebbe potuto anche muoversi ma non lo fece perché gli sarebbe sembrato di barare.
Aggrappato a questa posizione provava a giocare a quel gioco. Immaginava connessioni anche dove sembravano non esserci, piani diversi e colori cambiavano di posizione. Non era indispensabile trovare l’angolazione migliore del silenzio, stare immobili in apparenza, andare in direzioni meno affollate, continuare a essere filtro per cercare l’equilibrio.
“Cosa è la vita se non la ricerca dell’equilibrio” gli aveva detto un amico. Custodiva quella frase sperimentandola. Ancora avanti, questo gli sembrava il senso.