“Il cantastorie appoggiava delicatamente la mano all’orecchio. Solo anni dopo avrei capito la funzione di quel gesto. Quando in piedi in mezzo al cortile cercava la nota e poi cominciava a cantare. Ma non ricordo più quali canzoni. Forse motivi popolari che le persone affacciate alle ringhiere conoscevano bene e ascoltavano volentieri.
In quei tempi non c’erano molte radio nelle case a rendere la vita più dolce. Non potevo immaginare che anni dopo quell’uomo sarebbe stato per me un testimone essenziale del passaggio di due epoche. Lo avrei capito in ritardo, quando mettendo ordine nelle mie storie personali mi accorsi che ne era stato un protagonista inconsapevole.
Viveva in una camera a pianterreno nel cortile accanto dove dormiva e consumava i suoi pasti che qualche signora dal cuore gentile gli preparava. Non aveva famiglia, nessuno nel cortile sapeva da dove venissero lui e il suo accento strano. Imparammo tutti in quel modo il senso del divenire e il senso della storia”.