Albert Camus, La peste
Nella mia lunga lista di romanzi da leggere prima che sia troppo tardi, La peste è sempre stato ai primi posti. Ma per non so quale ragione rimaneva sempre lì, in attesa. Forse perchè non mi decidevo a comprare il libro, forse perchè qualcos’altro passava sempre davanti e sembrava avere più importanza. O forse perché aspettavo di avere più tempo a disposizione, o l’occasione. Qualche settimana fa ho trovato il libro in una vecchia edizione a casa di mia madre. L’ho portato a casa mia, l’ho tenuto sulla scrivania, in bella vista nella sua copertina verde. Lo guardavo e pensavo: “Adesso sei qui, non ho più scuse”. Fino a quando le nostre vite non hanno cominciato a prendere una piega inaspettata. Era l’ora di leggerlo.
Ne ho ricopiato alcune righe.
“Il dottor Rieux era impreparato, come lo erano i nostri concittadini, e in tal modo vanno intese le sue esitazioni. In tal modo va inteso anche com’egli sia stato diviso tra l’inquietudine e la speranza. Quando scoppia una guerra la gente dice: “Non durerà, è troppo stupida.” E non c’è dubbio che una guerra sia davvero troppo stupida, ma questo non le impedisce di durare. La stupidaggine insiste sempre, ce ne accorgeremmo se non pensassimo sempre a noi stessi.
I nostri concittadini, al riguardo, erano come tutti quanti, pensavano a se stessi. In altre parole, erano degli umanisti: non credevano ai flagelli. Il flagello non è commisurato all’uomo, ci si dice quindi che il flagello è irreale, è un brutto sogno che passerà. Ma non passa sempre, e di cattivo sogno in cattivo sogno sono gli uomini che passano, e gli umanisti, in primo luogo, in quanto non hanno preso le loro precauzioni.
I nostri concittadini non erano più colpevoli di altri, dimenticavano di essere modesti, ecco tutto, e pensavano che tutto era ancora possibile per loro, il che supponeva impossibili i flagelli. Continuavano a concludere affari e a preparare viaggi e ad avere opinioni. Come avrebbero pensato alla peste, che abolisce il futuro, gli spostamenti e le discussioni? Si credevano liberi, e nessuno sarà mai libero sino a tanto che ci saranno i flagelli”.