Jacob Ranza
“Nel mio sogno, l’Arcangelo Gabriele soffiava dentro una tromba di cristallo” – Jacob Ranza
Di Jacob Ranza è nota la passione per i racconti delle vite di frontiera che s’intrecciano in storie di passione e di amicizia. Legami che si costruiscono e si nutrono di poche cose nei posti più solitari e sperduti del mondo, dove la solidarietà tra esseri umani diventa essenziale per la sopravvivenza stessa.
Ci sentiamo di azzardare che in realtà i lavori di Jacob Ranza non siano altro che una sola e lunga storia suddivisa tra le varie opere che seguono un preciso sviluppo cronologico e psicologico. Dagli intensi e memorabili racconti dell’adolescenza inquieta contenuti in “Ho visto volare le oche” si risale alle storie della piena maturità. E in questo viaggio lo spettatore è accompagnato da un costante senso di ritmo interrotto e di mancanza, quasi provando un allontanamento dalla realtà che sulle prime stordisce e colpisce diritto allo stomaco.
Ma poi è come se la luce attraversasse i nostri corpi indifesi fino a determinarne la salvezza e la speranza. Si arriva quindi alle opere dove l’uomo combatte e lotta per conquistare un posto nella frontiera e nei grandi spazi solitari delle pianure ghiacciate, come in “Tentativi di libertà”, ma anche, per esempio in “Prima dell’avvento”, nei più claustrofobici ambienti borghesi fatti di storie di lavoro e rapporti privati stanchi e incrinati.
Comprendere nella sua completezza la poetica e il senso filmico di Jacob Ranza presuppone la capacità e la disponibilità nel mettersi in gioco personalmente in modo totale. Anche prendendo per i capelli le parti più recalcitranti di noi stessi per riportarle, con uno sforzo a volte oltre l’umano, verso le altezze della più pura luce della consapevolezza; dove a volte possiamo sentire soffiare il nostro doppio dentro una tromba di luce.