
Avere più tempo da utilizzare per entrare meglio nell’anima di testi difficili. La poesia è tra questi. Leggere non basta, meglio unire la scrittura per esempio per brani non molto lunghi come questo. E’ una gioia, prima ancora di capire o meno il senso, scoprire che c’è un modo per entrare dentro il testo. Leggendo e scrivendo (magari con un occhio al testo originale) si ha un equilibrio maggiore che fa risaltare la meraviglia delle parole.
Prima luce, 14
Non abituarti mai: le piumate, oscillanti casuarine,
la luce silenziosa del mattino su steli d’erba lucente
i cupi Ave dell’oceano, le bianche lance delle marine,
l’onda che giocherella con le sue perle, ave airone e gabbiano
pieni di grazia; alla tua età non serve nient’altro,
mentre l’estinzione viene serena come la luce del tramonto
sulla roccia scistosa, e il tuo dono abbandona la pagina;
la tua anima ha viaggiato l’unico orizzonte come quieta lumaca,
l’infinito alle spalle, l’infinito davanti,
e tutto quel che l’anima sapeva era questa maestria, tutto
quel che voleva – cosa mai sapeva della morte? Solo quel che avevi letto,
come una fiamma smorzata dentro una lanterna,
una notte, ma senza stelle, formicolare di pianeti, luci
come un vasto porto, o l’oblio divorante;
non abituarti mai; l’immensa luna di queste notti
tempestate di borchie che fanno vaciollare il cuore; e il leone
del promontorio. In nome di tutto questo sei giunto ala fine,
per trascorrere, lodando le piumate oscillazioni delle casuarine
e quei ringraziamenti che tanti spesso caddero dal cielo,
la luce della sera sugli steli d’erba piumata,
le lance che scolorano, poi le luci delle marine,
gli yacht che si studiano riflessi in questo vetro nero.