C’era una stazione di quelle relativamente esistenti. Nella sala d’aspetto quattro telefoni a gettoni, uno per ogni lato. Un treno preso più volte con felicità totale. Solo nelle intenzioni di chi la pensava nel luogo dove avrebbe dovuto essere parcheggiata, un’automobile, in una strada leggermente in salita.
Non si trovavano le chiavi, qualcuno le cercava chiedendo gettoni per telefonare. Con un gesso e con una penna scriveva i numeri dettati nella cornetta sopra un muro. Non si poteva sapere che numeri fossero, solo che li componeva uno dopo l’altro ma nessuno rispondeva, neanche una voce di quelle automatiche.
Intanto una ragazza aspettava. Se avesse trovato l’automobile sarebbe partita senza voltarsi indietro. Ma prima avrebbe fatto un largo giro.